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DI RITORNO DALLA SILA CON UN SECONDO POSTO CHE PROFUMA DI VITTORIA

Per il terzo anno consecutivo le montagne della Sila aprono la stagione estiva della rappresentativa calcistica sezionale. Radunati di buon mattino presso gli imbarcaderi della Caronte, ormai punto fisso di ritrovo per le nostre avventure “d’oltrestretto”, partiamo alla volta di Camigliatello Silano, per difendere l’onore della nostra maglia e passare un fine settimana all’insegna del divertimento. Quelli di noi alla prima esperienza iniziano subito a respirare lo spirito più profondo e genuino del “credo” che ci onoriamo di difendere: sotto una uguale divisa, mescolati l’un con l’altro, giovani e veterani formano un gruppo, una squadra. Non esistono limiti anagrafici, non esistono confini di spazio. Esiste solo un “Noi”.
Attraversato lo Stretto, guidati dai presidenti Lo Giudice e Postorino e dal nostro mentore Enzo Meli, divoriamo gli oltre 200 km che ci separano dalla meta. Giungiamo a traguardo per l’ora di pranzo: sistemazione in camera e, poi, subito a tavola per provare le squisitezze della cucina calabra. Ancora una volta l’hotel “Lo Sciatore” è la nostra base operativa in occasione del “Memorial Pescatore-Gagliardi”, al quale ci presentiamo in qualità di detentori del trofeo.
Se siamo venuti fin quassù non è soltanto per fare una gita, c’è una coppa da difendere, e allora, nel primo pomeriggio, tutti in campo.
La prima gara ci vede impegnati contro i padroni di casa di Cosenza, è già un big match: partiamo forte, anzi fortissimo. Dominio totale, ma c’è un piccolo problema, il pallone non vuol saperne di entrare. Neppure una punizione liftata del “Pirlo dello Stretto” Sandro Giusto riesce a spezzare l’incanto e allora dobbiamo accontentarci del risultato a occhiali. Con l’amaro in bocca e una strana sensazione nella testa ce ne torniamo all’albergo, dove doccia, salame piccante e qualche bicchiere di vino riescono a toglierci i cattivi presagi di dosso.
Nella giornata di domenica la sveglia suona presto, il campo ci reclama già dal
primo mattino. Così, ancora rintontiti dalle brume delle Sila, ci affacciamo timidamente sul prato del “Collice” di Camigliatello per giocarci le nostre cartucce: tocca a Locri saggiare la nostra condizione. Va in onda una replica del primo match: molto possesso palla, poca lucidità sotto porta, fin quando Mattace Raso non riesce a trovare la via della rete con un bel fendente. Serve a poco, però, visto che all’AIA Messina piacciono le cose difficili. Subito, infatti, arriva la rete del pareggio, propiziata da una frittata della nostra retroguardia. Il pareggio non si schioderà fino allo scadere. Sembra proprio che qualcuno dall’alto si voglia divertire. Ancora un match prima del riposo e stavolta sono i campani di Salerno ad attenderci. La “x” adesso quasi ce l’aspettiamo. E il campo non delude il nostro pronostico. Gara nervosa e meno spettacolare delle precedenti. Manca la fortuna e l’episodio giusto. Le nostre chance sono ridotte al lumicino. Prima di affogare nella disperazione, passiamo a rifocillarci un po’, confidando nella sapienza degli chef dello “Sciatore”. La qualificazione alla finale non dipende più soltanto da noi, dobbiamo vincere le restanti gare e sperare che altri ci facciano un favore. Brutta situazione. Prima di fare calcoli c’è Crotone da superare: come dei leoni di fronte a una preda inerme, ci scagliamo contro i poveri colleghi Pitagorici fin dal primo attimo, e subito il tabellino segna 1-0. Il marcatore è di quelli che non t’aspetti, il “prof” Diego Buda, in proiezione offensiva, abile a ribattere in rete, un pallone spiovente da corner. Poco dopo si sblocca il bomber Santoro, con un preciso colpo di testa, che beffa l’estremo avversario in uscita; ancora l’11 realizza il gol della sicurezza con un bel tracciante mancino. Può partire la girandola dei cambi. Chi aveva sofferto in panca fino a quel momento può finalmente entrare e partecipare alla festa.
Siamo ancora vivi, e lo siamo ancor di più quando qualche minuto più tardi Salerno batte Locri regalandoci un'altra giornata di speranza. Ringalluzziti nel corpo e nell’anima possiamo dare il via al consueto rito del “panino piccante”, specialità locale per la cui consumazione è necessaria la presenza di almeno una squadra dei vigili del fuoco… Tra una birra e una salamella la serata trascorre in allegria, e ci accompagna all’ultima nottata in terra silana. Il sonno è lento ad arrivare, bombardati come siamo da mille pensieri sulla decisiva giornata dell’indomani. Ed eccola che arriva. O dentro o fuori. Non ci sono mezze misure.
Al fischio d’inizio scattiamo tutti verso l’avversario, ognuno degli 11 non vede l’ora di “azzannare” il pallone. La resistenza paolana dura poco: il ritrovato Santoro è il primo a timbrare il cartellino, poi ci pensa Garzo dopo uno slalom gigante a sganciare la bomba del 2 a 0. C’è gloria anche per Iannello e ancora Santoro prima che il triplice fischio arrivi a decretare la fine delle ostilità. Sembrava impossibile eppure ci siamo riusciti. Finale, di nuovo, e ancora contro Cosenza, una classica da queste parti. Prima dell’atto finale sistemiamo le nostre cose, ci prepariamo per la partenza, e salutiamo lo staff dell’albergo che anche quest’anno ci ha assistito con grande gentilezza e professionalità. Pranzo veloce, e subito al campo. Non poteva che finire così. Tutti si aspettavano questo e così sia. A differenza dell’anno scorso arriviamo da secondi nel girone di qualificazione, in virtù di quei tre pareggi iniziali che ci hanno messo un po’ i bastoni tra le ruote. Dobbiamo solo vincere. Prima di iniziare un doveroso minuto di silenzio per ricordare gli sfortunati giovani arbitri alla cui memoria è dedicato tutto questo: Francesco Claudio Pescatore e Marco Gagliardi, due colleghi che troppo presto ci hanno lasciato e che sicuramente da lassù saranno stati lieti di essere onorati in questa “tre giorni”.
La partita. Le squadre si conoscono e si temono. Tentiamo di im
porre il nostro gioco, ma la maggior freschezza dei colleghi in maglia bianca, rinforzati dalla presenza di alcuni elementi della sezione di Reggio Calabria, non ci permette di esprimere il nostro solito gioco. Al quindicesimo del primo tempo l’episodio che spezza in due il match: azione convulsa in area peloritana, Spadaro superato in uscita, e La Rosa salva sulla linea. Con un braccio a detta dell’arbitro. Rigore ed espulsione. Il seguente tentativo di trasformazione finisce però sulla traversa e si va al riposo sullo 0 a 0. Il secondo tempo ci vede costretti in 10, ma nonostante questo, non manchiamo di concederci le nostre proverbiali accelerazioni e per due volte Santoro tenta la conclusione senza fortuna. Per decidere la vincente bisogna andare ai supplementari. Due mini tempi da 5 minuti. Troppo pochi. Finisce così. Vince Cosenza, che alza il trofeo senza batterci, grazie alla miglior posizione conquistata nel girone. Secondi ma senza perdere una gara, forse non dovremmo neanche lamentarci, tanto che alla fine risultiamo miglior attacco, miglior difesa, capocannoniere e unica imbattuta. Il calcio è strano, ma è bello anche per questo.
Lasciamo la Sila, salutiamo le sue montagne, i suoi laghi, e i suoi magnifici paesaggi. Forse ce ne andiamo un po’ delusi, ma con la certezza che quelle zero sconfitte qualcosa ci hanno insegnato: a volte anche arrivare secondi può insegnare più di tanti primi posti.
Eravamo partiti come una squadra, torniamo come una famiglia. Abbiamo respirato tre giorni la stessa aria, abbiamo vissuto per tre giorni le stesse emozioni. Venticinque persone un unico cuore, AIA Messina, uniti nessuno ci piega.

Valerio Villano Barbato

 
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