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Un dolce "Amarcord" con il fischietto d'oro Saro Crisafulli


Quando mi hanno detto di andare a intervistare uno degli associati più anziani della nostra Sezione sinceramente immaginavo una scena totalmente diversa da quella che ho vissuto. Arrivato al luogo dell’appuntamento ero convinto di trovarmi di fronte una persona in là con gli anni, infastidita dalla mia presenza e dalle domande ovvie e banali, che spesso in queste circostanze vengono partorite dalla mente dell’intervistatore. Appena il Professore Crisafulli, con l’aria orgogliosa di chi, nel bene e nel male, ha vissuto una vita piena, mi si è parato davanti, ho capito di avere a che fare con una persona davvero speciale. Una inesauribile miniera di ricordi e dati mi si è aperta davanti: aneddoti snocciolati con precisione certosina, inframmezzati da particolari significativi di quello che vuole dire essere arbitro, allora e adesso, hanno rappresentato il succo di un quarto d’ora preziosissimo.
La prima domanda, per questo ragazzino di quasi 90 anni, adesso nonno a tempo pieno, con un nipote
con la sua stessa passione, è quella più ovvia e riguarda il quando, la sua brillante carriera ha avuto inizio: Ho cominciato attorno agli anni Sessanta, sono arrivato ad arbitrare in serie C, ed era già un grande risultato riuscire ad esordire in quella categoria. Ricordo bene campi come Salerno, Cosenza, Agrigento; erano molto difficili per la terna arbitrale. Giocavo a calcio e purtroppo maturai la decisione di intraprendere la carriera arbitrale solo in tarda età.
Ma il professore più che sul punto di partenza è interessato al punto di arrivo e, anni Sessanta o Duemila, una cosa rimane sempre la stessa, la preparazione della gara, dalla designazione, fino al fischio d’inizio: due volte a settimana era d’obbligo la seduta tecnico/atletica, e io non mancavo mai. La partita al 70 per cento la dirigi bene se hai un’adeguata preparazione fisica, naturalmente il regolamento lo devi conoscere alla perfezione. Inoltre, è necessario entrare nella psicologia dell’incontro, e avere una forte personalità. Ai miei tempi l’arbitro era rispettato, quasi temuto, ma era costantemente sotto pressione, specie da parte di un pubblico che di cultura sportiva ne masticava ancora meno di quello di adesso. Arbitro e assistenti devono essere perfettamente in sintonia, e devono aiutarsi. Una volta ad Acireale, campo durissimo, salvai l’arbitro, in qualità di assistente sorvolando su una rimessa laterale dubbia, che lui non aveva visto, avendo già capito che non avrebbe prodotto nessun risultato per i padroni di casa che in quel momento stavano perdendo. Piccoli espedienti del mestiere, utili a far comprendere la bravura di Crisafulli, che sapeva farsi rispettare non solo dai giocatori ma anche dagli spettatori: durante una partita particolarmente "calda" il pubblico iniziò a prendermi particolarmente di mira, chiamando in causa anche la mia consorte; beh, pur avendo divieto di parlare con gli spettatori, mi voltai verso gli spalti e dissi "ragazzi, calmi che le nostre mogli sono tutte a casa". Fu la battuta che mi salvò la gara. È proprio vero che non è la categoria a fare l’arbitro.
Se quello legato all’anagrafe è forse l’unico cruccio del professore, pupillo dell’allora delegato Mico Mazzotta, sono diversi gli eventi che sottolineano la caratura del nostro decano, come quella volta che un certo Lo Bello andò a fargli visita dopo una partita: una volta, in veste di osservatore, finita la partita, entrò nello spogliatoio e mi disse "Crisafulli io non ho niente da dirti, continua cosi", quello fu un grande onore, anche perché, notoriamente, non era tanto tenero di carattere. E di personaggi storici ce ne sono parecchi nel racconto: da Rizzo a Lanese, passando per una miriade di giacchette nere messinesi che hanno lasciato la loro impronta nella storia dell’arbitraggio nostrano. Con i colleghi avevo un rapporto ottimo, anche se ce n’erano alcuni un po’ invidiosetti che cercavano di farmi fuori in tutti i modi (ma di questi non troverete traccia ne in questo manoscritto ne altrove…). Particolarissimo il ricordo del collega Ruggeri, che ai tempi delle designazioni delle terne fisse aveva espresso il desiderio di essere inserito proprio con Crisafulli.
In conclusione un consiglio per le nuove generazioni, sunto della sua decennale carriera: Durante il mio percorso ho forse avuto un unico difetto, quello della generosità. Ho sempre cercato di costruire rapporti sinceri con tutti, senza mai chiedere nulla in cambio, senza invidie ma sempre con la massima disponibilità nell’aiutare i colleghi.
Saro Crisafulli rappresenta al meglio la nostra sezione: passione, lealtà e onestà campeggiano sul suo volto e nel suo cuore, simboleggiando un tempo che forse non c’è più, in un romantico raccordo tra le ere: eroe del passato, mito del presente, leggenda del futuro.


Valerio Villano Barbato



 
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