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MARCO DONATO:
dal prato dell’hockey al parquet della C2 di “calcetto”… con un sogno nel cassetto
Dopo l’esperienza maturata e l’impegno costante dimostrato, Marco Donato viene premiato direttamente alla prima giornata di campionato con l’esordio in C2. A sancire il battesimo in questa nuova categoria la gara tra Sporting Club Peloritana e Trinacria Acireale, conclusa sul 4-
Avevo 19 anni e non essendo riuscito a esprimermi ad alti livelli nel calcio, dovevo decidere se fare l’assistente o dedicarmi al calcio a 5. Avevo già la passione per questo sport, visto che spesso guardavo le partire dell’Augusta quando militava in A1 e da allora ad oggi mi dedico con passione a seguire gare maschili e femminili. Questo mi ha dato la curiosità e la voglia di immedesimarmi nel ruolo di dirigere una partita da "bordo campo" e iniziare questo percorso. Alla luce della scelta che ho fatto mi sento soddisfatto perché mi diverto e mi sento stimolato da tutto l’ambiente che orbita intorno a questa disciplina.
Avendo fatto l’esperienza di dirigere entrambi gli sport, quale a tuo avviso è più complesso e più formativo nel percorso di crescita tecnica e associativa?
Secondo me, il calcio a 5 è molto formativo perché aiuta a far capire l’importanza della conoscenza del regolamento. Un arbitro di calcio a 5 che scende in campo senza un’ottima conoscenza del regolamento non farà una buona prestazione, perché le eccezioni e gli "episodi limite" diventano la regola e possono riuscire ad abbassare il livello della prestazione se male interpretati. In secondo luogo, si inizia a temprare la personalità per via di un pubblico subito dietro le spalle dell’arbitro che in ogni sua manifestazione di tifo rappresenta una minaccia alla concentrazione dell’arbitro, base imprescindibile per portare avanti una buona direzione di gara. Se nel calcio non bisogna essere minimamente distratti nel calcio a 5 bisogna investire il doppio in termini di concentrazione. La reattività e la velocità di giudizio devono essere punti forti dell’arbitro, il gioco è più rapido e non lascia tempo ad esitazioni o ripensamenti di troppo. Il calcio è altrettanto difficile in tal senso ma a parte il fuorigioco, la gestione può essere più ragionata rispetto al calcio a 5, dove i capovolgimenti di fronte sono continui, i risultati altalenanti e spesso incerti e il gioco non ha quelle pause, che in alcune fasi di gioco del calcio, costituiscono una costante tattica.
Forte della esperienza maturata nel Futsal, la tua soddisfazione per questa scelta quali ambizioni e margini apre alla tua crescita arbitrale?
Sicuramente la mia felicità per il percorso arbitrale svolto è tanta, ma è ovvio che rappresenta soltanto una tappa d’inizio di un’avventura che spero tra qualche anno mi faccia maturare al punto da poter aspirare per quel sogno costituito dalla CAN 5. In ogni caso, voglio continuare a "divertirmi con professionalità", come dice l’attuale responsabile Massimo Cumbo, che trova proprio nel binomio tra divertimento e professionalità la filosofia utile per arrivare ai vertici del calcio a 5.
Gli ultimi tuoi anni di carriera hanno racchiuso un percorso importante, ci racconti le tappe più salienti?
Negli ultimi quattro anni ho vissuto alti e bassi. Ho avuto persino momenti in cui volevo dimettermi perché credevo di non avere prospettive nell’AIA. C’è stato sempre qualcuno che mi ha detto: "No non te ne andare" e così nel concetto di solidarietà reciproca, fulcro della nostra Associazione, sono cresciuto e sono andato avanti.
Chi credi sia giusto ringraziare per questa maturazione formativa?
Sono tante le persone che mi hanno aiutato a migliorarmi, in primo luogo Luca Sulfaro che insieme con Andrea Lippolis rappresentano i maestri del calcio a 5 messinese. Chi sceglie il calcio a 5 a Messina passa dalla loro scuola, che è frutto di tanti sacrifici e tanta esperienza. Visionature, consigli, trasferte sui campi a confrontarci e trarre conclusioni. Sono tutte attività tecnico-
Cosa rappresenta per te l’Aia? Sei felice del tuo percorso?
L’AIA per me rappresenta una grande famiglia dove ognuno deve trovare il suo posto e dare il massimo per l’Associazione. Per me l’arbitraggio rappresenta un momento molto formativo, che ho intrapreso per caso dopo aver fatto sport per diversi anni. Ho giocato per sei anni a hockey su prato a livello nazionale, fino in serie A2 e mi sono tolto belle soddisfazioni. Quando a 17 anni sono stato un anno fermo per un intervento chirurgico al piede sinistro e ho saputo che non potevo più praticare l’hockey, decisi di iniziare questa nuova avventura sportiva con la voglia di impegnarmi e di divertirmi. Accanto a me abitava il collega Massimiliano Greco che mi disse: "Ma perché non vieni a fare l’arbitro di calcio?". In questo invito, vidi una possibilità per rilanciarmi e fu così che arrivai in Sezione con le stampelle e una gamba ingessata, ma con tutta la voglia di fare uno sport sano e divertirmi. Quest’esperienza mi ha lasciato la voglia di non abbattermi mai e di ritrovare sempre la mia serenità, andando avanti in situazioni difficili e farne tesoro. Auguro a tutti i colleghi di non perdere mai la voglia di divertirsi e di trovare sempre stimoli, perché soprattutto nei momenti difficili bisogna trovare la forza di guardare sempre più in alto e non fermarsi. Così non posso che essere felice di questo cammino, che mi ha regalato la gioia di vivere e condividere una grande passione con grandi uomini.
Antonio Francesco Barca