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IL COLLOQUIO
È la fase più delicata – e forse anche più importante – dell’incarico di OA e va pertanto preparata accuratamente.
È consigliabile prima di presentarsi all’arbitro nello spogliatoio, attendere 15-
consentire al collega di fare la doccia e di rilassarsi (è bene ricordare a tal proposito che l’arbitro ha appena terminato di sostenere un impegno psicofisico che può averlo affaticato);
riordinare le proprie idee e stabilire mentalmente, anche sulla base degli appunti eventualmente presi durante la partita, uno schema di disamina sul quale impostare il dialogo con il collega visionato.
Il contatto iniziale dovrà sempre tendere a creare un clima di cordialità, mettendo a suo agio l’arbitro, ed a impostare e condurre il colloquio con franchezza e serenità. Sono di certo fuori luogo atteggiamenti cattedratici e solenni o, peggio ancora, l’esibizione dei propri "trascorsi arbitrali".
È bene tenere presente che la capacità di prestare attenzione da parte del collega arbitro è, di norma, limitata dalla tensione accumulata durante lo svolgimento della gara e dalla fatica che si manifesta alla fine della stessa: ragione di più per essere concisi e precisi, usando frasi semplici e coerenti. Sarà consigliabile non esprimere un giudizio complessivo all’inizio del colloquio per evitare lo scadere di interesse sul resto delle osservazioni. Non guasterà, invece, una rapida panoramica della gara, da quali spunti è stata caratterizzata e quali episodi la hanno influenzata. Ciò può servire a facilitare l’approccio che a volte può risultare non facile.
Il riferimento a tatto e comunicativa citato all’inizio come qualità per un OA trova qui la sua maggiore espressione: in particolare, ad esempio, in presenza di gravi difetti bisognerà con la dovuta cautela, ma senza indulgere, far presente all’arbitro le sue lacune, badando bene a non assumere atteggiamenti sdegnosi, o dimostrandosi addirittura scandalizzati; è da evitare insomma di scuotere la suscettibilità del visionato.
Si passerà quindi ad un’analisi della prestazione, tralasciando gli aspetti di scarsa rilevanza, per incentrare l’attenzione sulle problematiche più evidenti e di maggiore consistenza, dopo aver accuratamente distinto gli errori occasionali da quelli ripetuti, che costituiranno poi oggetto di rilievo. Si ritiene opportuno rimarcare che se la prestazione dell’arbitro è stata negativa (e tanto più lo è stata), oppure se il collega manifesta poca maturità arbitrale, è basilare soffermarsi esclusivamente sulle carenze maggiori sorvolando sul resto. Per converso, in presenza di una performance brillante sarà cura dell’OA, non prima di aver evidenziato l’assenza di lacune degne di nota, far notare la possibilità di un ulteriore salto di qualità curando alcuni aspetti apparentemente "marginali".
In ogni caso, però, bisogna limitarsi a rilevare ciò che può davvero risultare di una qualche utilità per l’arbitro: dire (o scrivere) qualcosa quasi pro-
Scopo preciso che l’OA deve prefiggersi è quello di riuscire a convincere l’arbitro che in quella determinata occasione avrebbe potuto evitare il "tale" errore se, anziché comportarsi in quel determinato modo avesse avuto l’accortezza "tale" o si fosse comportato in "tale altro modo".
Chiaramente, l’opera di convincimento prima indicata sortirà un effetto soltanto qualora l’OA riuscirà con le proprie argomentazioni a chiarire la natura del difetto mostrando poi l’efficacia del rimedio: non spiegare l’origine dell’errore o non illustrare la validità della soluzione proposta è assolutamente inutile: nessuno, eccetto uno stupido, seguirà un suggerimento senza esserne persuaso.
L’OA, infine, non dimentichi mai di riservare parte del colloquio alle positività espresse dal direttore di gara: avere riconosciuti i propri meriti può contribuire ad accrescere il desiderio di migliorarsi dai difetti ancora presenti e stimolare un impegno più intenso: ogni tanto, qualche elogio (senza esagerare !) giova.
Per meglio avvalorare le proprie osservazioni sarà bene citare specifici riferimenti sugli episodi in discussione (senza che però diventi una sterile elencazione di minuti in cui il collega avrebbe errato i propri interventi).
Tanto più acuta sarà la disamina ed i rilievi fatti a ragion veduta, tanto più l’OA potrà essere apprezzato dall’arbitro. Che poi qualche collega cerchi di giustificare i propri errori facendo finta di non aver capito o raccontando qualche bugia, è naturale: si tratta, infatti, di "spirito di conservazione". Bisogna essere comprensivi: molti arbitri vivono con troppa apprensione la circostanza di dover essere valutati.
Il collega arbitro deve poter esprimere il proprio parere, che potrà essere, in parte o del tutto, non in linea con quello dell’Osservatore: d’altronde, anche nell’attività arbitrale, come in altre, è proprio dal mettere a confronto diversi punti di vista che spesso si ottiene la crescita e la maturazione.
Tra l’altro, sia il comportamento e le reazioni sia i convincimenti con cui l’arbitro si proporrà nel confronto, rappresentano utili elementi per una più approfondita valutazione della sua conoscenza tecnica, della sua personalità e della sua maturità.
Per queste ultime due, si possono tratteggiare sommariamente alcune tipologie:
Arbitri che si mostrano emotivi e timidi – palesano imbarazzo e tendono ad accettare passivamente tutto ciò che l’OA fa notare, senza partecipare costruttivamente al dialogo; in tal modo, denotano qualità intrinseche che non depongono per giudizio di maturità totalmente favorevole;
Arbitri che si mostrano ossequiosi e loquaci – palesano soddisfazione all’eccesso per essere stati visionati e si prodigano in elogi per l’OA; rappresentano l’opposto dei precedenti e pure per costoro il giudizio deve essere molto cauto;
Arbitri che si mostrano sicuri e disinvolti – orientano subito il colloquio in maniera costruttiva, approfondendo gli argomenti e giungendo con l’OA a conclusioni pratiche; evidenziano, così, spiccata maturità;
Arbitri che si mostrano indifferenti e spavaldi – accolgono l’OA con distacco o sufficienza, dimostrando noncuranza e/o tracotanza; denotano complessi caratteriali e temperamento finanche indisponenti o provocatori.
Nella malaugurata eventualità, poi, che si verificassero forti motivi di dissenso e fossero mosse contestazioni in termini spiacevoli, l’OA non insisterà nelle proprie argomentazioni e concluderà correttamente il colloquio, avvertendo comunque il collega che riferirà all’OT sulle circostanze.
Al termine del colloquio, ove previsto dall’OT competente, va compilato e consegnato il modulo delle osservazioni, dei consigli e dei rilievi sulla prestazione del direttore di gara: difatti, è indubbiamente molto sconveniente presentarsi al collega con il modellino già scritto. Ciò darebbe l’idea di non tenere nella giusta considerazione l’importanza del confronto con l’arbitro, che potrebbe fornire spiegazioni esaurienti su decisioni o comportamenti assunti durante la gara e che in prima analisi erano parse inesatte o avevano lasciato delle perplessità. Così facendo, sarà quasi sempre possibile inquadrare correttamente le lacune del collega e risulterà più agevole suggerire le modalità per colmarle.
Il tutto deve essere espletato con discernimento, per migliorare le future prestazioni dell’arbitro, ricordando, come già evidenziato più volte, che tra le precipue funzioni dell’Osservatore vi è quella di istruire l’arbitro aiutandolo ad inserirsi nel complesso mondo del calcio.
LA CORREZIONE DELLE ANOMALIE
Le fasi da seguire per colmare le lacune del direttore di gara sono le seguenti:
Individuazione = riscontrarsi dell’errore
Motivazione = ricerca della causa
Soluzione = proposta del rimedio
Molto succintamente e lungi dalla pretesa di essere esaustivi, si riassumono alcune tra le cause più frequenti di errore:
imperfetta conoscenza o interpretazione del Regolamento;
inadatto spostamento o posizionamento;
carenza di allenamento e lontananza dalle azioni;
difetti di personalità (che impediscono di assumere decisioni importanti) o di concentrazione;
cause accidentali.
È, infine, importante rimarcare che molto più della gravità dell’errore (con le dovute eccezioni), è il suo ripetersi che va notato e segnalato nonché l’eventuale persistenza della causa da cui ha origine.