L’arbitro e il carabiniere, due modi “simili” di interpretare la vita
di Francesco Comito
Ieri Venerdì 04 Novembre gli associati della sezione AIA di Messina, insieme ad altri ospiti intervenuti, hanno avuto l’onore e il privilegio di partecipare ad una appassionante riunione, potremmo dire una “lectio”, tenuta presso l’istituto Cristo Re dal Generale di Corpo d’Armata Riccardo Galletta, comandante Interregionale Carabinieri “Culqualber”, il quale ha accompagnato tutti gli intervenuti lungo un “percorso” segnato dal costante parallelismo tra due figure apparentemente distanti ma, in realtà, molto simili: il Carabiniere e l’Arbitro.
Ad aprire la riunione plenaria il Presidente sezionale Massimiliano Lo Giudice che, dopo aver dato un caloroso benvenuto al Generale Galletta e a tutti i presenti, ha lasciato la parola all’ospite.
Il Generale Galletta, ad oggi associato della sezione di Firenze, dà il via ricordando i suoi primi passi all’interno dell’Associazione e ancora prima quando, da giovanissimo, incrociò <per caso> la figura dell’arbitro durante un “Fiorentina – Roma”, restandone immediatamente colpito per la notevole autorevolezza ed eleganza, che lo spinsero a frequentare poco dopo il Corso Arbitri.
Un racconto, quello del nostro ospite, che mostra tutto il senso di appartenenza all’Associazione; se pensiamo che dopo anni passati lontano dai campi di calcio e dalla Sezione, per motivi lavorativi, oggi è finalmente <tornato in famiglia> come ha precisato lui stesso.
Senso di appartenenza, dicevamo, il quale è il primo dei tasselli che accomunano l’Arma dei Carabinieri e l’AIA: <chi diventa arbitro resta arbitro per tutta la vita, è un “habitus”. E lo stesso vale per i Carabinieri> afferma, ricordando poi che <il Generale Dalla Chiesa diceva “Ho gli alamari cuciti sulla pelle”>, rendendo l’idea dell’attaccamento intimo al ruolo. Appartenenza.
Ma il Generale Galletta va ben oltre, perché nell’arbitraggio rivede la freddezza e il rispetto delle regole che sono tipici del Carabiniere: <L’arbitraggio è stato ed è per me una scuola di vita> dichiara, perché <a 17 anni si viene mandati da soli nella fossa dei leoni> e, dunque, è essenziale trovare dentro di sé quella freddezza necessaria ad affrontare gli altri nel tentativo di far rispettare le regole, ancor di più per i Carabinieri, i quali fronteggiano situazioni ben più ardue.
Rispetto delle regole che spesso non viene considerato positivamente dagli altri, e che può portare cospicue difficoltà a chi come noi le regole vuole e deve applicarle.
Ma allora, ci chiediamo tutti noi, “da cosa nasce il desiderio di diventare Arbitro o Carabiniere?” e lui ci risponde <Fare l’Arbitro è una “vocatio”, così come fare il Carabiniere>, ecco un altro punto di contatto tra i due mondi, e aggiunge <si fa per passione> e lo dimostrano <il tempo e l’impegno psicofisico, la preparazione tecnica che si dedica all’arbitraggio, così come la preparazione nella conoscenza normativa per il Carabiniere, che è in costante aggiornamento>.
Proseguendo nel suo intervento, il messaggio che il Generale Galletta ha voluto trasmettere, soprattutto ai più giovani, è chiaro. Ci deve sempre essere lo stimolo a migliorarsi per poter andare avanti, ma <non possiamo vivere per la carriera, e questo vale per entrambi i ruoli. Napoleone diceva “non voglio bravi generali, ma generali fortunati”> e infatti, prosegue il Generale <sia sul campo di battaglia che su quello di calcio la fortuna conta, gli eventi contano. Ma alla fine l’importante è pensare a far bene il proprio dovere, per l’intima soddisfazione di farlo per sé stessi. Si sbaglia tutti, sia in campo che fuori, ma bisogna essere capaci di saper riflettere sui propri errori>.
L’immagine dell’Arbitro che viene fuori da questo stimolante intervento è quella di una figura in cui lo stile e l’eleganza non sono tutto, ma sono fondamentali, perché <i dettagli fanno la differenza>, una figura <autorevole, mai autoritaria> come viene evidenziato più volte. E cos’è l’autorevolezza se non la capacità, attraverso la propria credibilità, di incidere e lasciare la propria impronta?
Come ci ricorda il Generale, riuscendo quasi a far combaciare idealmente un campo di calcio con un campo di battaglia, <Sun Tzu [generale cinese vissuto tra il VI e il V secolo a.C.] diceva che la guerra è un’arte, non una scienza; è un’arte in cui il sublime non può essere insegnato>. E <il vero stratega non spara neanche un colpo> perché solo con la manovra tattica ottiene il risultato sull’avversario. Insomma, si può studiare tanto, ma <se non si ha l’intuito, tutto il resto naufraga>.
Dopo aver fornito a tutti i presenti una testimonianza diretta dell’unione tra questi due mondi così lontani ma così simili, lasciando numerosi spunti di riflessione per la crescita dei ragazzi, in campo e nella vita, il Generale Riccardo Galletta conclude ricordando a tutti noi un aspetto imprescindibile, non solo nell’arbitraggio: <si deve trovare un equilibrio tra voglia di andare avanti e vivere il proprio tempo divertendosi. Cogliete il vostro tempo>.
Applausi per questo emozionante racconto, di cui tutti noi faremo certamente tesoro traendo gli spunti necessari alla nostra crescita personale.
Prima dei saluti, però, l’Arbitro Benemerito Ing. Pietro Nicolosi ha voluto ricordare il Cav. Salvatore Rizzo, cui è intitolata la sezione di Messina, riportando una frase dello stesso che da anni gli è rimasta impressa nella memoria: <La funzione dell’arbitro comincia oggi e dura tutta la vita>. Ecco che torna il senso di appartenenza, il vero motore di questa Associazione, che grazie a momenti come quello appena trascorso non potrà far altro che alimentare la nostra voglia di stare insieme, crescere e condividere le nostre esperienze con i più giovani.